Le ultime sette parole di Cristo fanno parte di una devozione popolare nata intorno al Cinquecento, prima della Via Crucis. Questa forma di devozione sopravvive ancora e, rispetto alla Via Crucis, ha un carattere più meditativo, forse meno drammatico, un carattere più adatto alla contemplazione del mistero. Non ci sono episodi come cadute, incontri, spogliazioni, crocifissioni: c’è un uomo che muore e una folla che lo fissa. Come? Con curiosità, emozione, disprezzo, indifferenza?
Nadia Nespoli riprende questa suggestiva forma di devozione popolare e la traspone sperimentalmente, creando un nuovo racconto. Applicando la tecnica pittorica su un supporto flessibile e tessile, ovvero la superficie di alcuni tappeti persiani, l’artista crea una composizione tridimensionale a metà tra pittura e scultura. Bisturi, spazzole abrasive e spatole tagliano e rimuovono. La figurazione preesistente viene cancellata e trasformata.
Il recupero non è più nostalgico, ma creativo, e il materiale riciclato inizia una nuova vita. Il nuovo disegno nasce da un incontro, un legame, uno scambio tra tessitura e pittura. Il colore bianco incontra le fibre del tappeto e lascia un rivestimento superficiale, dove inizia un meticoloso processo di scavo e fa emergere la trama sottostante in piccole aree e lungo i bordi. E su ogni tappeto è visibile il ricamo: lettere e numeri delle ultime sette parole di Cristo:
Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno. (Luca 23,34)
In verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso. (Luca 23,43)
Donna, ecco tuo figlio. Ecco tua madre. (Giovanni 19,26)
Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? (Matteo 27,46; Marco 15,34)
Ho sete. (Giovanni 19,28)
Tutto è compiuto. (Giovanni 19,30)
Padre, nelle tue mani affido il mio spirito. (Luca 23,46)
n. 7 tappeti persiani
Tecnica: acrilico olio e filo di cotone
Misure: variabili Anno di realizzazione: 2021